In programma nei giorni:
ven 22 mar 2024 ore 21:00
sab 23 mar 2024 ore 21:00
dom 24 mar 2024 ore 21:00
Un altro ferragosto
regia
Paolo Virzì
cast
Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Christian De Sica, Laura Morante, Andrea Carpenzano, Vinicio Marchioni, Anna Ferraioli Ravel, Emanuela Fanelli, Rocco Papaleo, Raffaele Vannoli, Lorenzo Fantastichini, Claudia Della Seta, Silvio Vannucci
durata
115
nazione
Italia
uscita
genere
Commedia
distribuzione
01 Distribution
produzione
7 marzo 2024
Film d'essai:
--
giudizio CNVF
altre info su

Un Altro Ferragosto, il film diretto da Paolo Virzì, ci riporta sull’Isola di Ventotene. Nell’estate del 1996, Cecilia Sarcoli (Laura Morante) rimase incinta di Sandro Molino (Silvio Orlando) ed ebbero un figlio, Altiero Molino che oggi ha ventisei anni.
Il giovane Altiero è un imprenditore digitale e si è sposato con un fotomodello. Questo Ferragosto lo passeranno sull’amata isola del padre che è molto malato. A loro si uniscono gli amici di una vita che trascorreranno l’ultima estate di Sandro tutti insieme per renderla indimenticabile.
Nessuno si aspetta di trovare l’isola in festa per l’imminente matrimonio di Sabry Mazzalupi con il fidanzato Cesare. Sabry, figlia dei bottegai romani Ruggero e Luciana (Paola Tiziana Cruciani), è una celebrità del web e il suo matrimonio è un evento che attira i media e gli arrampicatori sociali.
Si ricreano due schieramenti opposti, due facce di un’Italia in ferie che si trova ancora una volta a dover trascorrere un altro Ferragosto insieme…

Sono passati quasi trent’anni da quando Sandro Molino e la sua famiglia sono approdati a Ventotene per trascorrere sull’isola le ferie d’agosto e sostenere i loro principi e stile di vita “di sinistra” contro l’arroganza da “nuovi barbari” Mazzalupi, i vicini freschi di vittoria berlusconiana. Il ritorno di entrambi i clan sull’isola è l’occasione per un nuovo confronto e per il ritrovamento di vecchi e nuovi personaggi: Sandro, ora in fin di vita, attaccato a ricordi che di molto lo precedono mentre fa pipì ovunque e non sa più come si chiama il mare; sua moglie Cecilia, che cerca ancora disperatamente l’attenzione del marito; Marisa e Luciana Mazzalupi, ora vedove, che si concentrano l’una sul nuovo compagno Pierluigi, sedicente imprenditore che ha promesso di portarla a Dubai, l’altra sulla figlia Agnese che è diventata l’influencer Sabbry e sta per sposarsi con Cesare, un arrivista con tatuata sul braccio la scritta “Memento audere sempre”.
Non mancano altri reduci della vacanza precedente: la coppia gay Betta e Graziella, il provolone alternativo Roberto, lo scanzonato Ivan, il figlio di Luciana Massimo (nella realtà figlio di Ennio Fantastichini) e il cinefilo Mauro, l’unico rimasto a Ventotene per quasi trent’anni.
Più che ripresi dal film precedente, questi personaggi sono riesumati, in un film che si confronta continuamente con il tema della morte: quella fisica di Ruggero e Marcello e dei loro indimenticabili interpreti Ennio Fantastichini e Piero Natoli; quella politica delle ideologie; e soprattutto quella semantica delle parole: perché in Un altro Ferragosto le parole sono importanti, tanto quelle rimosse, come “fascista”, quanto quelle che scivolano via dalla memoria di Sandro per fare posto ai ricordi, i neologismi inglesi che affollano i discorsi vuoti dell’entourage di Sabbry quanto i nomi dati ai figli per mantenere vivo il ricordo di una stagione tramontata, e infine la colata di veleno che uscirà dalla bocca di Daniela, ex moglie di Cesare, coro delfico che accompagna una varia umanità meritevole solo dell’estinzione.
Non è un caso dunque che Un altro Ferragosto inizi con l’audio delle conversazioni celebri del film di cui è il seguito, concludendo con la più memorabile: “Non ce state a capì più un cazzo, ma da mo’”, che allora si riferiva alla sinistra, e oggi si è allargata a tutti.
Un altro Ferragosto è un film di parole, in una sceneggiatura (di Francesco Bruni e Paolo e Carlo Virzì) tracimante dialoghi che si sovrappongono e rimbalzano l’uno sull’altro, creando una confusione che non diventa mai fuoco d’artificio (quelli sono appannaggio delle celebrazioni kitch degli influencer) e che ripropone un continuo stop and go drammaturgico, riflesso del meccanismo irrimediabilmente inceppato di un “Paese senza”: senza vergogna, prospettive, crescita economica e politica, senza più Storia e senza grandi alternative alla ripetizione coatta di una danza macabra e inconcludente (il che spiega i finali abbozzati e irrisolti del film).
Diretto da Paolo Virzì con il suo classico piglio a metà fra il rabbioso e il rassegnato, Un altro Ferragosto è parente stretto di almeno altri due film: Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti e quell’Ovosodo che non andava né in su né in giù partorito dal team Virzì-Bruni un anno dopo Ferie d’agosto. Del primo ha il disorientamento personale e politico, il ballo solipsistico, l’alterità (non a caso il nome chiave di Un altro Ferragosto è Altiero) rispetto al presente, e la tentazione di rifugiarsi nell’amore muliebre come unica realtà sensata. Del secondo ha lo shadowing (per dirla come Sabbry) di alcuni personaggi: Altiero, interpretato da Andrea Carpenzano, incrocio fra il dolente Piero e il “venduto” Tommaso; Daniela, una Lisa per il Ventunesimo secolo; la moglie di Mauro, che fa al marito un discorso analogamente consolatorio a quello che Susy faceva a Piero nel finale di Ovosodo, e lui quasi quasi ci credeva (ma l’ovosodo sta proprio in quel “quasi quasi”).
Ferie d’agosto aveva intuito la deriva che stava prendendo l’Italia berlusconiana e l’incapacità di farle argine di coloro cui non sarebbe piaciuta l’etichetta di radical chic, ma se la sarebbero ampiamente meritata. Un altro Ferragosto è invece una decalcomania popolata da nostalgici di un passato irripetibile, scommettitori su un’alternativa irrealistica (il similgrillino Roberto), cinici profittatori di una svolta destrorsa senza idee, e turbocapitalisti che utilizzano le nuove tecnologie, il cui linguaggio si basa su un banale on e off che toglie significato alla parola, per accumulare profitti senza sostanza e irretire generazioni senza radici.
Se Un altro Ferragosto appare slegato e inconcludente è perché questa è la “realtà” che rappresenta: un ibrido guazzabuglio da operetta, un pollaio ricostruito ad arte, una collezione di frammenti che non potranno mai ammontare a una figura intera, e soprattutto una cacofonia di parole “senza igiene”, in una comunicazione in cui “metti er core e via” e sposti perennemente il discorso in modo che non se ne possa afferrare la vacuità, né riconoscere l’inadeguatezza esistenziale.

Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 19 marzo 2024 .