In programma nei giorni:
gio 3 nov 2016 ore 21:00
Tangerines – Mandarini
regia
Zaza Urushadze
cast
Con Misha Meskhi, Giorgi Nakashidze, Elmo Nüganen, Raivo Trass, Lembit Ulfsak
durata
87
nazione
Estonia
uscita
26 maggio 2016
genere
Drammatico
distribuzione
P, F, A,Films
produzione
Film d'essai:
Si
giudizio CNVF
altre info su

Al culmine del conflitto del 1991 tra la Georgia e la Repubblica separatista di Abcasia, una piccola enclave di estoni stanziali è quasi deserta, tranne che per Ivo (Lembit Ulfsak) e Margus (Elmo Nüganen), che hanno scelto di rimanere, malgrado gli scontri vicini. Un giorno, la guerra giunge sul loro uscio di casa, lasciandovi due miliziani feriti, appartenenti ad opposti schieramenti. Ivo decide di portarli dentro e mentre si prende cura di loro, scopre quanto siano profonde le cicatrici della guerra. Sarà possibile una pace?

Nel 1990 in Abcasia Ivo e Margus provano a resistere sulla loro terra, ambita dai georgiani e difesa dagli abcasi. Ivo, esiliato estone, costruisce cassette per i mandarini di Margus, vicino di casa compatriota che sogna un ultimo raccolto prima di abbandonare il villaggio. Ivo invece non ha mai pensato di andarsene perché in quei luoghi ‘riposa’ il suo bene più prezioso. Vecchio e saggio Ivo è suo malgrado travolto dagli eventi. Uno scontro tra georgiani e mercenari ceceni, in cui sopravvivono soltanto due soldati, lo costringe a intervenire e a soccorrere nella propria casa e coi propri mezzi i feriti. Di parte avversa, i due ospiti provano a convivere sotto lo stesso tetto e sotto lo sguardo rigoroso di Ivo che converte il loro odio ottuso in un sentimento nobile e complesso. “La guerra è sempre stupida”, scriveva Giuseppe Ungaretti ma ci sono guerre, “particolarmente stupide” come il conflitto georgiano-abcaso esploso all’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica. In quel teatro di guerra, ficcato tra le montagne e il Mar Nero, Zaza Urushadze cerca, scava e trova le parole (e le immagini) per dire dell’irragionevolezza delle contese e della fermezza di due uomini che scelgono di non disertare la loro terra e la loro vita. Selezionato come miglior film straniero agli Oscar e ai Golden Globe, Mandarini non è un film di guerra abitato da supereroi che cuciono punti di sutura al fronte, è piuttosto la storia di una breccia, di una linea spazio-temporale tesa tra due fronti e una sola assurda carneficina. Costretti dalle ferite in una zona franca, i due militari, uno georgiano e l’altro ceceno, diventano attori di un dramma più teatrale che cinematografico, che elude la prevedibilità con un paio di scarti narrativi e un cast di attori rari, capaci di muoversi tra sopraffazione e compassione. Su tutti il ‘padrone di casa’ di Lembit Ulfsak, che abita una sede pacifica di poesia e incarna l’onore e la necessità di comunanza nella sofferenza. Sentire gli uomini come fratelli per il suo personaggio non è solo questione di natura ma, in guerra, diventa ragione e verità. Resistente tra la morte e i morti, Ivo sceglie parole, pochissime parole, decise e assolute perché sa che non c’è tempo. Una scarica improvvisa di fuoco può abbattere un uomo che un altro ha appena rimesso in piedi, bruciare un raccolto che un contadino ha coltivato con le stagioni, inficiare la generosità e il coraggio di un gesto in un momento in cui violenza e disperazione sembrano le uniche vie d’uscita. Contro l’impotenza, l’unico nemico veramente da combattere, l’autore georgiano schiera Ivo che ‘riabilita’ nel corpo e nell’anima due ‘nemici’ che come sull’altipiano di Emilio Lussu si scoprono uomini. Nel silenzio della sua casa e nei suoi silenzi autorevoli, i due avversari recuperano la dimensione umana e apprendono che il ‘nemico’ ha a che fare con l’identità del sé, individuale o collettivo, che il nemico non è mai portatore di un’estraneità piena e totale, anzi è forse più spesso e più intensamente il polo di una relazione, per quanto ostile. Nella tregua, in un momento rallentato, in quella magica sospensione, Urushadze ragiona sul nemico che reca l’amico, sulla guerra infiltrata dalla pace, sulla segreta relazione che rischia di collassarle nell’indistinzione. Mandarini rimedia poi alle lacune della stampa evocando avvenimenti poco o nulla mediatizzati, come la guerra del 1990 in Abcasia, provincia secessionista della Georgia. Urushadze la racconta senza la compiacenza del genere, sovente giustificata in nome dello spettacolo, e affronta con efficacia il concetto di guerra globale, quella che interagisce immediatamente col tutto, quella che coesiste con la più alta indifferenziazione fra amico e amico, quella che radicalizza l’ossessiva e vana ricerca di radici e sicurezza, tracciando confini arbitrari ed escludenti. Sospeso tra l’atemporalità imperturbabile dei riti e della natura e il quadro circostanziale, una guerra sanguinosa, Mandarini produce una bolla di comunità utopica che rende possibile una nuova amicizia tra gli uomini e tutela la parte debole di ogni guerra, raffigurata in una fotografia. È Maria, la nipote di Ivo, che il nonno preserva dalla barbarie. ‘Donna angelo’ trasferita in un mondo lontano e cortese, il suo nome è dichiarato soltanto al soldato acceso da un sentimento sincero. L’ultimo prima di morire.

Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 11 settembre 2016 .