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regia
Maysaloun Hamoud
cast
Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura, Mahmud Shalaby, Riyad Sliman
durata
96
nazione
Israele, Francia
uscita
6 aprile 2017
genere
Drammatico
distribuzione
Tucker Film
produzione
Film d'essai:
Si
giudizio CNVF
altre info su
Cosa fanno tre ragazze arabe a Tel Aviv? Fanno quello che farebbero tutte le ragazze del mondo: cercano di costruire il perimetro dentro cui affermare la propria identità. Amano, ridono, piangono, inseguono desideri, s’inciampano, si rialzano. Amano e ridono ancora, magari bevendo, fumando canne e ballando, in attesa dell’alba..
Tre ragazze palestinesi condividono un appartamento a Tel Aviv, al riparo dallo sguardo della società araba patriarcale. Leila è un avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato, rivelatosi presto ottuso e conservatore, Salma è una DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità, Noor è una studentessa musulmana osservante originaria di Umm al-Fahm, città conservatrice e bastione in Israele del Movimento islamico. Noor è fidanzata con Wissam, fanatico religioso anaffettivo che non apprezza l’emancipazione delle coinquiline della futura sposa. Ostinate e ribelli, Leila, Salma e Noor faranno fronte comune contro le discriminazioni. Premiata all’Haifa International Film Festival, l’opera prima di Maysaloun Hamoud si nutre di un contesto reale e segue il destino di tre donne che vogliono vivere dove gli è concesso soltanto sopravvivere. Fuggite alle origini e approdate a Tel Aviv, considerata dagli israeliani liberale e aperta alle alterità, le protagoniste scopriranno a loro spese il conto della libertà. A confronto con una doppia discriminazione, sono donne e sono palestinesi, Leila, Salma e Noor procedono a testa alta dentro un film che non risparmia nulla, nemmeno lo stupro, e nessuno. Israeliani ebrei e israeliani arabi, laici e religiosi, cristiani e musulmani, nessuno si senta escluso. Lo spettro del patriarcato, dal simbolico al doloso, si incarna progressivamente nei padri come nei fidanzati, predatori frustrati imprevedibili. Colte tra due mondi, la cultura araba musulmana tradizionale e quella ebraico israeliana, le protagoniste si sono lasciate alle spalle interdizioni familiari, comunità religiose e società conservatrici per ritagliarsi un’esistenza nuova e costruirsi una vita sociale a misura dei loro desideri e delle loro volontà. Bar Bahr, il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, traduce il disorientamento (meta)fisico di una generazione, quella dei giovani arabo-israeliani che in Israele sono uno su cinque, emancipata dalla propria cultura per adottarne una occidentale. Una generazione che non sa più se appartiene al mare o alla terra. Una generazione, ancora, alla ricerca di libertà che prova a preservare il cuore della propria identità. È Noor a impersonare meglio delle altre lo iato, con gli sguardi affamati di vita sotto l’hijab, il velo islamico che non preclude la corsa della ragazza incontro alla modernità. La regressione nel film è appannaggio degli uomini, guardiani (ipocriti) dell’ordine morale che tradiscono un bisogno di controllo che quando sfugge volge in violenza. Gineceo deciso a deporre l’autorità patriarcale, In Between resiste con le sue eroine, accompagnandole, proteggendole, incoraggiandole, desiderando quello che desiderano loro lungo le rispettive linee di fuga. E l’energia drammatica del film riposa sulle scintille prodotte dal confronto delle personalità piuttosto che sull’inventiva della sceneggiatura. Alla denuncia, Maysaloun Hamoud preferisce l’empatia, alla messa alla gogna la conversazione intima. L’autrice incarna i tabù e si concentra sul quotidiano degli israeliani arabi, offrendo ai palestinesi un corpo altro e fiero, che condivide con quello ebraico le stesse tribolazioni, gli stessi problemi finanziari e sociali, la stessa città, lo stesso Paese. Un Paese pieno di contraddizioni a cui tutti partecipano. Gli israeliani ebrei non fanno che qualche apparizione nel film: la commessa di un negozio che guarda con rimprovero Leila e Salma, il manager hipster di un ristorante che proibisce a Salma di parlare arabo o il titolare di un locale dietro al bancone incapace di identificare l’accento arabo di Salma. Attraverso un corpo collettivo superbamente femminile, fluido e cangiante, In Between ripiega in un appartamento da cui apre e chiude una battaglia contro i corsetti morali. Un’isola domestica in cui convivono tre identità distinte con distinti destini alla mano. Destini appesi a un’ultima sigaretta e gravati sugli sguardi distanti. Dentro un finale ammutolito e una terrazza separata, dove la regista isola le sue eroine per guardare da presso un paese, le sue violenze e le sue ineguaglianze.
Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 26 marzo 2017 .