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regia
Hirokazu Koreeda
cast
Masaharu Fukuyama, Yôko Maki, Jun Kunimura, Machiko Ono, Kirin Kiki, Isao Natsuyagi, Lily Franky, Jun Fubuki, Megumi Morisaki
durata
120
nazione
Giappone
uscita
3 aprile 2014
genere
Drammatico
distribuzione
BIM
produzione
Film d'essai:
Si
giudizio CNVF
altre info su
Ryota Nonomiya è un uomo ossessionato dal successo professionale. All’improvviso scopre che suo figlio biologico è stato scambiato alla nascita con un altro per errore. Ryota dovrà prendere una decisione cruciale e scegliere tra il suo vero figlio e quello che ha cresciuto.
Nonomiya Ryota è un professionista di successo, un uomo che lavora sodo ed è abituato a vincere. Un giorno, lui e la moglie Midori ricevono una chiamata dall’ospedale di provincia dove sei anni prima è nato loro figlio, Keita, e vengono a sapere che sono stati vittima di uno scambio di neonati. Il piccolo Keita è in realtà il figlio biologico di un’altra coppia, che sta crescendo il loro vero figlio, insieme a due fratellini, in condizioni sociali più disagiate e con uno stile di vita molto differente. Ryota si trova di fronte alla necessità di una decisione terribile: scegliere il figlio naturale o il bambino che ha cresciuto e amato per sei anni?
Il giapponese Kore-Eda conferma le qualità artistiche di cui ha sempre dato prova con questa esplorazione splendidamente misurata di un dilemma che mira dritto al cuore dell’uomo. Con la leggerezza della grande scrittura, l’abilità di costruire un’architettura perfetta nel bilanciare il peso di azioni e reazioni tra i due nuclei familiari coinvolti (il regista ha affermato di essere partito con questo film per un viaggio dentro se stesso, riconoscendosi nelle questioni personali di Ryota, che nella finzione è appunto un architetto) e con un cast in grado di conferire all’opera un valore aggiunto altissimo, Kore-Eda non si lascia mai tentare dal richiamo del melodramma, che è nelle corde del soggetto ma non nelle sue, e mantiene un registro contenuto ma attento ai particolari e ai piccoli incidenti del vivere, nel quale le belle idee sono silenziosamente numerose e nulla è mai di troppo. In particolare, nonostante il film racconti la maturazione di Ryota rispetto al suo essere padre, che passa forzatamente dal suo essere stato figlio a sua volta di un certo padre, sorprende la verità con la quale il regista coglie le reazioni dei due bambini, bloccati tra la fiducia che ripongono nei genitori, la volontà di ottenere la loro ammirazione e il disagio dell’incomprensione.
Non sono poche le barriere culturali che ci impediscono di non trovare mostruoso il comportamento del protagonista o colpevolmente remissivo quello della moglie, ma è il film stesso, probabilmente, ad accrescerli leggermente nella prima parte (come fa d’altronde con la presentazione, quasi in chiave di commedia, delle differenze di comportamento tra le due famiglie) per poi superare le premesse e farsi toccante, nella scoperta del sentimento. E non poteva che essere attraverso uno strumento eminentemente visivo come una macchina fotografica, che Ryota impara che è suo figlio, il suo sguardo e il suo amore, che fanno di lui un padre, non un esercizio di volontà né il gruppo sanguigno.
Father and Son, infine, è anche e soprattutto una riflessione sul tempo, su ciò che crea, che divora, che può e non può mutare.
Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 3 settembre 2014 .