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regia
Christopher Nolan
cast
Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Styles, Aneurin BarnardJames D'Arcy, Barry Keoghan, Kenneth Branagh, Cillian Murphy, Mark Rylance, Tom Hardy, Kevin Guthrie, Elliott Tittenso
durata
106
nazione
USA, Gran Bretagna, Francia
uscita
31 agosto 2017
genere
Azione
distribuzione
Warner Bros Italia
produzione
Film d'essai:
Si
altre info su
Con il suo nuovo film Dunkirk, Christopher Nolan accantona per un attimo le contorsioni psicologiche e fantascientifiche degli ultimi anni, per dirigere un colossal di guerra ispirato a fatti realmente accaduti: la nota Operazione Dynamo, effettuata tra il 27 maggio e il 4 giugno del 1940, fu uno degli avvenimenti più significativi della Seconda Guerra Mondiale e contribuì a spostare le sorti del conflitto in favore degli Alleati.
Dunkirk racconta dunque l’incredibile evacuazione verso la Gran Bretagna di migliaia di soldati belgi, francesi e britannici, bloccati sulle spiagge di Dunkerque dall’avanzata dell’esercito tedesco, durante la cosiddetta Battaglia di Francia. Le truppe britanniche e alleate si trovano circondate da un lato dalle forze nemiche, e dall’altra dal mare, con il Canale della Manica come unica via di fuga possibile. Le operazioni di imbarco richiedono più tempo del previsto, e vengono ulteriormente rallentate da un violento bombardamento nemico che getta i soldati nel panico e nella disperazione più totali. L’intera cittadina portuale viene coinvolta nei preparativi della spedizione di salvataggio e molti civili si mobilitano per partecipare. Così dopo giorni di attesa, gli uomini vengono tratti in salvo, ma da una flotta improvvisata di imbarcazioni di vario genere, navi da pesca, da diporto e addirittura scialuppe di salvataggio. Nel cast troviamo Tom Hardy, Mark Rylance, Kenneth Branagh, Cillian Murphy, Fionn Whitehead e al suo debutto cinematografico, il cantante degli One Direction Harry Styles.
Maggio, 1940. Sulla spiaggia di Dunkirk 400.000 soldati inglesi si ritrovano accerchiati dall’esercito tedesco. Colpiti da terra, da cielo e da mare, i britannici organizzano una rocambolesca operazione di ripiegamento. Il piano di evacuazione coinvolge anche le imbarcazioni civili, requisite per rimpatriare il contingente e continuare la guerra contro il Terzo Reich. L’impegno profuso dalle navi militari e dalle little ship assicura una “vittoria dentro la disfatta”. Vittoria capitale per l’avvenire e la promessa della futura liberazione del continente.Per Christopher Nolan e i suoi compatrioti britannici ‘Dunkirk’ è un mito nazionale. Sulle sue spiagge si è scritta una pagina eroica della loro Storia. Per ricostruire quel miracoloso avvenimento, dèbâcle che porta in sé il germe del futuro trionfo, l’autore sceglie tre terreni di battaglia e tre unità di tempo. Una settimana sulla spiaggia, dove le truppe attendono di essere evacuate e il soldato Tommy scampa a un’imboscata, un giorno in mare, dove Mr. Dawson recupera i combattenti naufraghi, un’ora in cielo, dove il pilota Farrier abbatte i bombardieri tedeschi. Tre punti di vista che Nolan converge in un solo e medesimo presente. La flessibilità delle linee cronologiche si fa daccapo uno smisurato presupposto narrativo, generando storie mai viste e la Storia come non l’abbiamo mai vista. Dunkirk non è veramente un film di guerra, o almeno non è un film di guerra come gli altri. Sotto le bombe e la musica organica-industriale di Hans Zimmer, Dunkirk è il soggetto ideale per appagare l’ossessione della percezione del tempo di Nolan. Ma la complessità dell’artificio non contraddice mai l’emergenza delle emozioni. Esigente nella forma, tutto passa per l’immagine e il suono, Dunkirk è un oratorio profano eseguito in un limbo di sabbia, uno spazio di panico razionalizzato in cui resistere e attendere di conoscere la propria sorte. Sorte nelle mani dell’ineluttabile forza del mondo: il tempo. Per il regista inglese il film è il solo modo di controllarlo. Ed è esattamente quello che fa restituendo l’incredibile realtà dei soldati coinvolti nell’evacuazione di Dunkirk e trasformati, dalla natura del territorio e delle operazioni militari, in un bersaglio permanente. Alla maniera di Cobb (Inception), Tommy raggiunge la spiaggia col solo desiderio di ritornare a casa. Ma la spiaggia è un incubo fatale e surreale. Sabbia e uomini a perdita d’occhio. E tutta quell’acqua che rigetterà presto ogni tentativo di evasione, restituendo soltanto cadaveri. Proprio come gli abitanti di Gotham, tagliati fuori dal mondo da Bane (Il cavaliere oscuro – Il ritorno), i soldati sono condannati all’impasse sulla riva e dentro un film statico dominato dal conto alla rovescia fino alla prossima (alta) marea. Una settimana sulla spiaggia, dove le truppe attendono di essere evacuate e il soldato Tommy scampa a un’imboscata, un giorno in mare, dove Mr. Dawson recupera i combattenti naufraghi, un’ora in cielo, dove il pilota Farrier abbatte i bombardieri tedeschi. Tre punti di vista che Nolan converge in un solo e medesimo presente. La flessibilità delle linee cronologiche si fa daccapo uno smisurato presupposto narrativo, generando storie mai viste e la Storia come non l’abbiamo mai vista. Dunkirk non è veramente un film di guerra, o almeno non è un film di guerra come gli altri. Sotto le bombe e la musica organica-industriale di Hans Zimmer, Dunkirk è il soggetto ideale per appagare l’ossessione della percezione del tempo di Nolan. Ma la complessità dell’artificio non contraddice mai l’emergenza delle emozioni. Esigente nella forma, tutto passa per l’immagine e il suono, Dunkirk è un oratorio profano eseguito in un limbo di sabbia, uno spazio di panico razionalizzato in cui resistere e attendere di conoscere la propria sorte. Sorte nelle mani dell’ineluttabile forza del mondo: il tempo. Per il regista inglese il film è il solo modo di controllarlo. Ed è esattamente quello che fa restituendo l’incredibile realtà dei soldati coinvolti nell’evacuazione di Dunkirk e trasformati, dalla natura del territorio e delle operazioni militari, in un bersaglio permanente. Alla maniera di Cobb (Inception), Tommy raggiunge la spiaggia col solo desiderio di ritornare a casa. Ma la spiaggia è un incubo fatale e surreale. Sabbia e uomini a perdita d’occhio. E tutta quell’acqua che rigetterà presto ogni tentativo di evasione, restituendo soltanto cadaveri. Proprio come gli abitanti di Gotham, tagliati fuori dal mondo da Bane (Il cavaliere oscuro – Il ritorno), i soldati sono condannati all’impasse sulla riva e dentro un film statico dominato dal conto alla rovescia fino alla prossima (alta) marea. Il montaggio alternato e la decomposizione cubista del fatto reale confermano il progetto espressivo di un cinema di storie codificate nel genere, su cui Nolan interviene deviando le traiettorie, raddoppiando i livelli, sviando lo sguardo dello spettatore in un gioco di sospensioni elegiache (il volo a planare di Tom Hardy) e di epifanie dilatate (sul volto saldo e lo sguardo perturbato di Kenneth Branagh). Rifiutando l’ordine più elementare, quello cronologico, Nolan ricrea il caos stordente e lo stress incessante della guerra in cui si muovono i suoi protagonisti, personaggi ‘vettori’, simboli di dignità e umanità. Non sappiamo niente del loro passato, esistono nel film per i loro atti e in funzione delle rispettive bolle temporali che finiranno per scoppiare incrociando i loro destini. Nolan elude la ‘familiarità di Salvate il soldato Ryan, spezzando la linearità del racconto senza rinunciare all’onda emotiva suscitata dal pilota mascherato di Tom Hardy, dal valoroso navigatore civile di Mark Rylance, dal soldato traumatizzato di Cillian Murphy o da quello stremato di Fionn Whitehead che i padri riportano a casa. Sopravvissuti dentro un film survival, i nostri si lasciano indietro l’alleato francese e un nemico invisibile. Se l’implicazione della Francia è tutta nell’allegoria del soldato francese rimasto solo a tappare i buchi dell’imbarcazione affondata, i tedeschi sono mostrati unicamente attraverso la potenza del fuoco. Sono pallottole, bombe, siluri. Nelle didascalie introduttive, al sostantivo tedesco o nazista, si preferisce quello più generico di nemico. La scelta di fare della Wehrmacht un’astrazione è coerente col partito preso del film. A partire dal formidabile prologo, che incalza un soldato inglese in fuga dal fuoco nemico e lo ripara dietro uno sbarramento francese. Al di là della linea trincerata, la geografia si fa metaforica, un’infernale striscia di sabbia chiusa tra la respingente linea nemica e quella attraente delle coste inglesi verso le quali si allunga disperatamente una diga. Fragile linea di fuga di un’epopea solenne e intima, convulsiva e claustrofobica malgrado l’immensità dei quadri (su schermo IMAX) che rovesciandosi ruotano i punti cardinali, scambiano cielo e mare, invertono le prospettive. Una sofisticazione brutale e assordante che affoga lo spettatore in un bagno sensoriale e in un film miliare. A immagine del suo caccia, incaricato di una missione precisa da cui non devierà per tutta la durata del film, Dunkirk si posa lieve sulla spiaggia, uscendo indenne e memorabile dagli eventi scatenati.
Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 3 gennaio 2018 .