In programma nei giorni:
gio 7 gen 2016 ore 21:00
La prima luce
regia
Vincenzo Marra
cast
Con Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goic
durata
108
nazione
Italia
uscita
24 settembre 2015
genere
Drammatico
distribuzione
Bim Distribuzione
produzione
Film d'essai:
Si
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Marco, giovane e cinico avvocato rampante, vive a Bari con la sua compagna Martina e il loro piccolo Mateo di 8 anni. Martina, latino americana, si è trasferita in Italia dopo aver conosciuto Marco. La nostra storia inizia quando il rapporto tra i due è ormai alla fine. Martina vuole tornare a vivere nel suo paese con Mateo ma questa scelta escluderebbe Marco e lui non glielo consente, troppo profondo è l’amore e il legame con suo figlio. Dopo un periodo lacerante, Martina decide di scappare insieme a Mateo e si reca nel suo paese facendo perdere ogni traccia.Il tempo per Marco inizia a scorrere più lento, non ha nessuna notizia di suo figlio e dopo un periodo di angoscia e sbandamento decide di andare a cercarlo. Una volta arrivato in Sud America si ritrova in una metropoli di 6 milioni di persone, indifferente e indecifrabile. Dopo lunghe e inconcludenti ricerche Martina e Mateo sembrano davvero essere

Marco è un avvocato barese compagno della sudamericana Martina e padre di un bambino di sette anni, Mateo. Il rapporto di Marco con il figlio è improntato al gioco e alla tenerezza, quello con la compagna invece è fatto di silenzi, rancori e incomprensioni, ma l’uomo a malapena se ne accorge, fagocitato dalla sua professione e dalle incombenze quotidiane. Martina invece è alla frutta e la sofferenza le si legge in faccia: il suo unico desiderio è tornare nel suo Paese natale, portando con sé il piccolo Mateo. Quando Martina annuncia le sue intenzioni a Marco lui commette l’errore fatale (tanto comune nelle unioni infelici) di non prenderla sul serio, quando invece la disperazione (e la mancanza di un vero ascolto) rendono la donna assolutamente determinata a portare a termine il suo programma. Così Mateo si ritrova a 15mila chilometri dal padre, e Marco rimane a Bari da solo.Vincenzo Marra racconta una storia molto personale, da lui stesso sceneggiata insieme ad Angelo Carbone, e si avverte quasi fisicamente il suo sforzo di non trascendere nei toni e di non fare del suo film un’arringa contro un sistema legale che spesso, nel corso delle separazioni, dà più valore al ruolo materno che a quello paterno, tutelando maggiormente i cittadini del proprio Paese che gli stranieri. Marra infatti è onesto nel mostrare come anche Martina sia stata trattata da corpo estraneo in Italia, in primis da Marco che non ha mai capito il suo disagio di “immigrata”, oltre che quello di donna. A quel disagio il regista dà spazio nella parte iniziale della storia, mostrando la cecità di Marco e il suo disinteresse per l’infelicità profonda, ai limiti della depressione, della sua compagna. Per fare un paragone con un altro film con tematiche simili, Kramer contro Kramer sacrificava quasi completamente l’escalation di alienazione domestica che portava la protagonista ad abbandonare la sua casa e suo figlio (mentre il romanzo di Avery Corman dedicava tutta la parte iniziale a documentare quell’infelicità quotidiana). Marra invece riconosce ed evidenzia le ragioni di Martina, anche se poi ovviamente sposa quelle di Marco, e gradualmente sposta la donna nel colonnino dei cattivi. Molti uomini odieranno Martina e dimenticheranno che Marco, prima della decisione estrema della donna, non le ha mai chiesto scusa.La narrazione è pulita, sobria, trattenuta, e la recitazione di Riccardo Scamarcio nei panni di Marco è tutta nello sguardo, uno sguardo che trasmette arroganza e affetto, ottusità e graduale consapevolezza, sgomento e frustrazione. La sceneggiatura fa di lui un avvocato (ma come, un principe del foro non poteva tutelarsi meglio, davanti alle intenzioni preannunciate dalla compagna?), sottolineando la sprovvedutezza di chi, sentendosi forte del proprio ruolo sociale e professionale e ignorando il peso delle proprie responsabilità private, è impreparato a ciò che avviene in ambito domestico. Alcune sottolineature sembrano eccessivamente didascaliche (ad esempio lo zainetto di Mateo a forma di lupo cattivo e il brutto sogno del bambino), altre sono una metafora efficace di quanto certi atteggiamenti da “maschio latino” abbiano l’effetto di un boomerang, e chi li pratica finisca per raccogliere quanto seminato (con gli interessi). Marra struttura infatti il suo film a specchio, mostrando come l’isolamento in un Paese straniero e la mancanza di ascolto per Martina diventino il destino di Marco, come a dire: chi la fa, l’aspetti. Stesso dicasi per le scartoffie legali scritte in modo incomprensibile che Marco fa firmare ai suoi clienti e si ritrova poi a firmare lui stesso, senza comprenderne fino in fondo le conseguenze. L’intuizione migliore del regista resta però la soppressione visiva di alcuni snodi emotivi, che toglie alla narrazione l’impatto strappalacrime del melodramma classico e rende ancora più forte l’impatto finale della storia.

Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 30 ottobre 2015 .