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ven 10 nov 2023 ore 21:00
sab 11 nov 2023 ore 21:00
dom 12 nov 2023 ore 21:00
sab 11 nov 2023 ore 21:00
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regia
Denis Imbert
cast
Jean Dujardin, Joséphine Japy, Izïa Higelin, Anny Duperey, Jonathan Zaccaï, Dylan Robert, Olivier Charasson, Lou Chauvain, Marie-Christine Barrault, David Faure, Hervé Mahieux, Martine Amisse, Muriel Bénazéraf, Jean-François Malet
durata
95
nazione
Francia
uscita
19 ottobre 2023
genere
Drammatico
distribuzione
Wanted
produzione
Film d'essai:
--
altre info su
A Passo d’Uomo, il film diretto da Denis Imbert, è la storia di Pierre (Jean Dujardin), un noto scrittore appassionato di viaggi avventurosi ma dalla vita dissoluta e dipendente dall’alcol.
Una sera in cui beve più del solito e il suo livello di ubriachezza è decisamente alto, si cimenta in modo spavaldo nell’arrampicata della facciata di un albergo. Pierre però, perde l’equilibrio e precipita. La caduta gli sarà fatale perché finirà in coma.
Quando si risveglia nel suo letto di ospedale, promette a se stesso che appena riuscirà a reggersi in piedi partirà per il viaggio della sua vita.
Infatti, contro il parere di tutti, Pierre deciderà di percorrere a piedi la Francia, dal parco del Mercantour, nel sud est, fino alle falesie del Jobourg nel Cotentin, all’estremo ovest della Normandia, attraversando in diagonale l’intero paese, e prendendo solo piccoli sentieri.
Un viaggio che gli farà scoprire il lato più rurale del Paese e che gli permetterà di rinascere facendo pace con il suo passato.
Pierre è uno scrittore che nei suoi libri ha descritto spesso considerazioni sui suoi viaggi. Una grave caduta lo blocca a lungo in un letto d’ospedale da cui si ripromette, qualora ne uscisse ancora in grado di deambulare, di compiere un’impresa. Intende camminare per circa 1300 chilometri attraversando la Francia percorrendo vie e sentieri poco o per nulla praticati.
Chi, anche se non ne ha letto i libri, ha visto Il leopardo delle nevi conosce infatti Tesson per averlo visto, in compagnia del co-regista e fotografo naturalista Vincent Munier riflettere e osservare con rispetto l’ambiente naturale a 5000 metri d’altezza sull’altopiano tibetano in inverno. Già in quel documentario si poteva notare come la parola, scritta e detta, fosse affidata a lui che elaborava un diario di quell’esperienza. Anche in questo caso sono le riflessioni a costruire il percorso narrativo del film. Il quale, va riconosciuto quando accade perché non è così consueto, ha un titolo italiano che è decisamente più significativo e soprattutto efficace di quello originale. Se Sur le Chemins Noir si limitava ad offrire un’informazione logistica (per i francesi che sanno a cosa si fa riferimento), quello italiano coglie l’essenza dell’esperienza.
Perché è proprio l’uomo che Pierre (alter ego di Sylvain) sta cercando di ritrovare in questo percorso ‘folle’ che qualsiasi medico gli sconsiglierebbe. Sta cercando quell’uomo che si era nascosto dietro l’immagine dello scrittore di successo e dotato di fascino, capace di sedurre una giovane donna con una sola frase ma, al contempo, incapace di non affogare nell’alcol tensioni interiori originate nell’infanzia.
Con 20 fratture distribuite in varie parti del corpo in seguito a una bravata realizzata dopo una serata alcolica, bloccato per due mesi in un letto, Tesson si è detto, come afferma in un’intervista “Come ho potuto buttare via il mio tempo? Non devo dimenticare che ci sono il sole e il vento. Non devo dimenticare di vivere”. Ecco allora che Denis Imbert trova in Jean Dujardin l’interprete giusto per fare proprio da tutti i punti di vista questo bisogno che cerca una concretizzazione.
L’attore francese dimostra ancora una volta il proprio consapevole eclettismo consegnandoci un essere umano in cammino che, tappa dopo tappa (ognuna delle quali definite da una sovrascritta), mentre procede con passi a volte stentati e con dolori che si riacutizzano per poi comunque venir dominati dalla volontà, compie anche un percorso nel passato. Rivede infatti il se stesso di prima scoprendone anche i lati meno piacevoli mentre intanto compie incontri ognuno dei quali gli lascia una sensazione in più. Se la giovane donna in un alpeggio disposta ad ospitarlo gli fa pensare per un attimo (si tratta di uno sguardo) di poter essere ancora un seduttore, un monaco, mostrandogli una scultura in pietra, gli trasmette l’idea che materia e spiritualità non debbono essere necessariamente considerate in contrasto. Viene così evidenziato il fil rouge del film: un corpo segnato dal dolore che cerca le ragioni profonde dell’esistere attraverso un contatto con la Natura che la cosiddetta ‘civiltà’ sta rendendo sempre meno presente.
Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 7 novembre 2023 .