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regia
Alex Gibney
cast
Paul Haggis, Lawrence Wright, Marty Rathbun, Mike Rinder, Jason Beghe, Sylvia Taylor, Sarah Goldberg, Tom De Vocht, Monique Rathbun, Tony Ortega, Kim Masters
durata
120
nazione
USA
uscita
25 giugno 2015
genere
Documentario
distribuzione
Lucky Red
produzione
Film d'essai:
Si
altre info su
Un intenso sguardo all’interno della controversa religione di Scientology. Attraverso filmati di archivio e testimonianze di ex membri, Gibney ci mostra ciò che i seguaci di Scientology sono disposti a fare in nome della religione. Il film tocca una vasta gamma di aspetti della chiesa, dalla sua origine con un ritratto intimo del fondatore L. Ron Hubbard, ai modi di reclutamento, alle pratiche giornaliere dei funzionari, fino al ruolo delle celebrità che ne fanno parte.
Nel 2009, dopo 35 anni di appartenenza, il regista Paul Haggis (il suo Crash vinse l’Oscar nel 2006) si dissocia pubblicamente da Scientology, la chiesa fondata da L. Ron Hubbard nel 1954. La sua dichiarazione fa notizia e lo scrittore e sceneggiatore Lawrence Wright lo intervista per il “New Yorker” sui motivi del suo allontanamento dal culto (tra i quali la discriminazione di genere: due delle figlie di Haggis sono omosessuali). Da quell’incontro nasce il libro inchiesta Going Clear – Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, pubblicato nel 2013. Testo al quale il documentarista Alex Gibney, attratto da temi ad alto rischio (Taxi to the Dark Side, Mea Maxima Culpa, The Armstrong Lie), s’ispira per questo suo film omonimo, selezionato dal Sundance Festival nel 2015 e trasmesso nello scorso marzo da HBO negli Stati Uniti. Un film ricco d’informazioni, che a una ricostruzione delle origini di Scientology alterna le testimonianze di altri sette (oltre a Haggis) scientologist di lungo corso, tutti fuoriusciti. Tre di loro, Marthy Rathbun, Mike Rinder e Tom DeVocht, usciti tra il 2004 e il 2007, hanno avuto posti di primo piano nella dirigenza dell’organizzazione; ma tutti testimoniano di condizionamento mentale, sfruttamento del lavoro, coercizione, metodi di spionaggio e stalking, raccolta di dati personali a scopo di intimidazione (e qui sono chiamati in causa ai rappresentanti del credo nel mondo, ovvero John Travolta e Tom Cruise; il loro silenzio è a dir poco inquietante). In parallelo si delinea il profilo di Hubbard, iperprolifico autore di racconti di science fiction già negli anni ’40, che poi usò come basi “teoriche” per la sua dottrina. Un sedicente eroe di guerra in realtà descritto dai suoi superiori non proprio in maniera elogiativa, a cui viene attribuita l’affermazione “l’unico modo per fare tanti soldi è avere una religione”; uno che vagò per anni nei porti di mezzo mondo, cercando di evadere il fisco e sfruttando e impiegando al proprio servizio adepti del culto nella Sea Org, una pseudo Marina militare da lui fondata nel ’67 (iscrivendosi alla quale le si giura fedeltà per un miliardo di anni). Alla sua morte, nel 1986, il posto di leader viene occupato da David Miscavige, il vero bad guy del film – che appare solo in rari video dei gala ufficiali dell’organizzazione, in un tripudio di ovazioni e scenografie da parata dittatoriale – figura a capo della società RTC (Religious Technology Center) che detiene i marchi Dianetics e Scientology. La disanima dell’organizzazione religiosa non si limita all’aspetto etico-metodologico, perché Going Clear denuncia anche il clamoroso accordo del 1993 tra l’IRS, agenzia delle tasse, minacciata da Miscavige tramite centinaia di cause legali, in seguito al quale il governo statunitense concesse a Scientology lo status di religione e l’automatica esenzione dalle tasse (con conseguente accumulo di un ingente patrimonio immobiliare). Gibney e Wright non sono i primi a indagare il sistema costruito da Hubbard: nel 1971 uscì The Scandal of Scientology di Paulette Cooper, poi perseguitata dalla chiesa per questo; del 1979 è l’inchiesta di Charles Stafford (ripresa in Sette pezzi d’America – I grandi scandali americani raccontati da premi Pulitzer, minimum fax, 2005); nel 1991 “Time” dedicò una cover story a un’altra inchiesta, di Richard Behar; e per essere aggiornati sull’argomento si veda il blog di Tony Ortega (tra i protagonisti del film), che dal ’95 tallona il tema. In parte Going Clear utilizza anche i servizi del giornalista della BBC John Sweeney per rendere conto dell’aggressività e della strategia difensiva dell’organizzazione contro ogni voce critica: la negazione. Nonché sulla pratica del netto allontanamento (disconnection) degli adepti da amici e familiari dissenzienti o membri pericolosi (soppressive persons). Ma il vero punto di forza di Going Clear sta nel rovesciamento della forma intervista: una tecnica tra le più classiche del genere documentario e al tempo stesso lo strumento con cui Scientology “interpella” i suoi adepti (la cosidetta audition, sorta di sessione privata che viene registrata e archiviata dai membri della chiesa). Se è vero che Scientology la userebbe come strumento di ricatto dei suoi seguaci, Gibney ne fa l’ariete per sfondare il muro di silenzi, negazioni e contenziosi legali che la Chiesa contrappone a chi ne contesta fini e metodi. Sono questi che la macchina da presa interpella, tra vergogne e imbarazzi, parole misurate al millimetro, intravvedendo e suggerendo shock emotivi difficili da ammettere ed esplicitare. Non si tratta solo nella privacy delle persone, ma del loro “ravvedimento” dopo uno stato di manipolazione. Going Clear è quindi un’indagine rara, da vedere soprattutto per le domande che scatena. Fa scattare una doppia, contraddittoria reazione: da una parte il rifiuto per la sopraffazione che evoca e dall’altra il bisogno di saperne di più, conoscere la verità. Ovvero lo scopo di Scientology, going clear: liberarsi, autodeterminarsi, essere consapevoli.
Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 4 settembre 2015 .